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QUAL'È LA DIFFERENZA TRA IL GRANO TENERO ED IL GRANO DURO?

Si tratta di due diverse specie di cereali appartenenti alla stessa famiglia (Graminacee). A prima vista il grano tenero (Triticum aestivum) presenta una spiga con chicchi più piccoli e tondeggianti, con terminali filamentosi molto piccoli o completamente assenti, a differenza del grano duro (Triticum durum) nella cui spiga i filamenti attaccati ai chicchi sono ben più lunghi (fino a raggiungere anche i 20 cm.). Il nome stesso indica la resistenza dei rispettivi chicchi alla frantumazione meccanica e quindi alla loro macinazione da cui pure scaturiscono prodotti molto differenti. Inoltre mentre il grano tenero predilige un clima umido, il grano duro non ama l'umidità e cresce bene al clima soleggiato e ventilato, ecco perché il primo ha avuto una maggiore diffusione nelle aree settentrionali ed il secondo nelle aree centro-meridionali d'Italia. Anche dal punto di vista nutrizionale dei loro prodotti derivati i due cereali differiscono notevolmente.

QUAL'È LA DIFFERENZA TRA LA FARINA E LA SEMOLA?

La differenza consiste sostanzialmente nel cereale da cui vengono ricavate. Dal grano tenero si ottiene una farina bianca (comunemente detta farina), avente una granulometria finissima e quasi inconsistente al tatto, che a seconda della macinazione e dell'abburrattamento che subisce viene definita di tipo "00", "0", "1", "2" oppure "integrale" secondo un grado di finezza decrescente. Questa farina ha un contenuto proteico inferiore ed un indice glicemico maggiore rispetto ai derivati del grano duro ma comporta una maggiore estendibilità dell'impasto e pertanto una tenacità di livello medio-basso, inoltre tende ad assorbire meno acqua. Tutte queste caratteristiche rendono la farina (di grano tenero) più idonea all'utilizzo nella produzione di alcuni tipi di pane, pizza, prodotti da forno lievitati, pasta all'uovo, dolci e pasticceria in genere.
La farina di grano duro (detta anche semola) si estrae invece dal grano duro ed ha un caratteristico colore ambrato che viene assunto anche dai prodotti in cui viene utilizzata. Ha una granulometria più grossolana che può essere ridotta ulteriormente mediante una ulteriore macinazione (il prodotto ottenuto in questo caso si chiama semola rimacinata). Le semole hanno un contenuto proteico superiore ed un indice glicemico inferiore rispetto ai derivati di grano tenero, inoltre sono ricche di carotene (antiossidante), fibra alimentare, sali minerali (fosforo, potassio e ferro) e vitamina E. Tendono ad assorbire una maggiore quantità d'acqua e l'impasto che si ottiene, in genere più rustico e compatto, risulta meno estensibile ma molto più tenace. L'utilizzo della semola è finalizzato principalmente alla produzione di pasta secca, di alcuni tipi di pane caratteristici del meridione e di cous-cous.

COS'È LA FARINA MANITOBA?

In origine con questo nome si indicava una farina di grano tenero coltivato in una vasta regione del Nord America che coincide pressappoco con l'omonima provincia del Canada meridionale. Si caratterizza per una elevata forza, intesa come resistenza nel tempo alla lavorazione. Questo fattore (W) - che si misura con uno strumento detto "alveografo di Chopin" e classifica le farine secondo una scala, detta appunto di Chopin - in questa farina è superiore a 350 su un massimo di 370. Ciò accade poiché questo grano tenero, adattato a crescere in zone così fredde che nessun grano vi potrebbe mai crescere, contiene un livello di glutenina e gliadina (proteine insolubili che a contatto con l'acqua formano il glutine) di molto superiore alla norma. Tale caratteristica rende la farina Manitoba molto ricercata più per le sue proprietà meccaniche che per quelle nutrizionali, infatti viene spesso utilizzata per "aggiustare" farine cosiddette "deboli". Queste prerogative favoriscono ovviamente la lievitazione a scapito dell'aspetto salutistico. Oggi vengono definite Manitoba tutte le farine cosiddette "forti", generalmente con un fattore W superiore a 350, indipendentemente dalla loro provenienza geografica.

COS'È IL KAMUT?

È bene chiarire subito che Kamut non è un cereale ma semplicemente un marchio commerciale registrato, di proprietà della famiglia statunitense dei Quinn. La farina (in realtà è una semola) che porta questo nome viene ricavata, da un grano duro appartenente al ceppo Khorasan (che poi è lo stesso a cui appartiene il Saragolla) coltivato prevalentemente nello stato del Montana e nelle regioni canadesi dell'Alberta e del Saskatchewan. Oggi la protezione sul seme, che era stato brevettato con il nome di QK-77, è scaduta pertanto chiunque lo può coltivare ma solo l'azienda dei Quinn vi può apporre il proprio marchio "Kamut".

PERCHÈ A VOLTE L'OLIO EXTRA VERGINE È AMARO E PICCANTE?

La sensazione di amaro, unitamente a quella di piccante e di fruttato sono delle prerogative positive degli olii di alta qualità. Tale sensazione è dovuta principalmente alla presenza di polifenoli, che sono delle sostanze antiossidanti che aiutano l'olio a conservarsi meglio e ne frenano l'irrancidimento. È fondamentale comprendere che le sensazioni di amaro e piccante in un olio extra vergine sono indice di un elevato standard salutistico, senza pari negli altri grassi alimentari. I complessi polifenolici presenti nell'olio extra vergine d'oliva, infatti, prevengono l'invecchiamento cellulare, svolgono una funzione antitumorale ed una protettiva rispetto ad alcune malattie cardiovascolari. Paradossalmente più l'olio extra vergine d'oliva è amaro e piccante più esso è ricco di polifenoli e quindi è salutare, l'ideale sarebbe non superare mai un certo equilibrio sensoriale fra amaro, piccante e fruttato altrimenti il pregio nutrizionale potrebbe rivelarsi un difetto sensoriale.
I fattori che possono determinare queste sensazioni sono molteplici e cioè: in primis la varietà delle olive, il loro grado di maturazione (invaiatura) ma anche altri fattori agronomici.
Uno studio condotto nel 2009 nel Dipartimento di Scienze dell'Alimentazione dell'Università Federico II di Napoli (prof. Raffaele Secchi) ha dimostrato che il trattamento termico (la cottura) può attenuare tali sensazioni, d'altro canto però dopo la cottura si perdono anche i sentori fruttati dell'olio fresco di partenza. Lo stesso studio scientifico ha evidenziato inoltre che l'olio a contatto con alimenti come il formaggio o la ricotta perde una buona parte del proprio potenziale di amaro.

QUANTE SONO LE VARIETÀ D'OLIVO IN ITALIA?

Al netto dei casi di sinonimìa, che sono stati risolti negli ultimi anni grazie alle analisi del DNA, sono state riconosciute in Italia ben 538 cultivar di olivo, divise fra olive da olio e olive da mensa, che corrispondono circa al 42% del totale mondiale. A fronte di questo dato però va detto che il 90% dell'intera produzione nazionale ruota intorno ad una cinquantina di varietà maggiormente diffuse sul territorio nazionale, essendo moltissime cultivar geograficamente localizzate in aree molto limitate. Questa vastità del patrimonio genetico, che è la principale ricchezza del capitale olivicolo italiano, è dovuto in gran parte anche all'esistenza di numerosi microclimi ed è la base su cui poggiano le diverse DOP che consentono di riconoscere i valori qualitativi della produzione nei singoli areali.

QUAL'È LA DIFFERENZA FRA SEMOLA E SEMOLATO?

Sono entrambi derivati del grano duro. Rispetto alla semola però il semolato è più grezzo in quanto meno setacciato, infatti contiene più sali minerali (ceneri), ma è privo della crusca più grezza, che invece è presente nella semola integrale. Dal punto di vista nutrizionale e salutistico quindi il semolato è più completo della semola, poiché la fibra dietetica residua contribuisce a generare una sensazione di sazietà e favorisce il passaggio intestinale, oltre ad abbassare la glicemia ed il livello di colesterolo cattivo; inoltre contiene i polifenoli che sono degli antiossidanti naturali come pure la vitamina E, presente nel semolato in misura maggiore che nella semola. I prodotti di semolato hanno poi un sapore caratteristico come di farina appena macinata, che nel caso della pasta si percepisce già durante la cottura.

QUAL'È IL GIUSTO PREZZO PER UN OLIO EXTRA VERGINE D'OLIVA DI QUALITA'?

Come per ogni buon prodotto, anche il prezzo di un buon olio d'oliva dipende da una serie di fattori. In primis ci sono gli alti costi delle normali operazioni colturali, soprattutto la potatura e la spollonatura, ma anche le concimazioni, le arature e la trinciatura dell'erba, nonché la raccolta e la molitura stessa delle olive. Persino la conformazione orografica dei luoghi di coltivazione incide sul prezzo finale; infatti se, per esempio, gli uliveti sono situati su terreni molto scoscesi i costi di produzione aumentano notevolmente, in quanto il sussidio dei mezzi meccanici è molto limitato. A questi costi certi e fissi corrisponde però una resa delle olive in termini di olio piuttosto variabile che dipende molto: dal cultivar utilizzato, dal periodo e dalla metodologia di raccolta e anche dall'andamento climatico. A ciò si aggiungano tutti gli imprevisti del caso: le fitopatie, gli attacchi parassitari, ecc. Ovviamente i parametri che concorrono alla formazione del prezzo finale non si esauriscono qui, perché ai costi legati alla produzione delle olive si aggiungono poi quelli per la molitura e quelli commerciali per l'imbottigliamento, l'etichettatura, l'imballaggio, il trasporto, la rete di vendita, la pubblicità ... ed il giusto guadagno per il produttore! Alla luce di tutto questo risulta oggettivamente molto difficile che un olio extra vergine d'oliva 100% italiano e genuino possa essere venduto ad un prezzo inferiore a 11-12 euro al litro. E se pensate che sia troppo, ricordate che l'olio che normalmente mettiamo nei motori delle nostre macchine costa mediamente 15-16 euro! Il nostro organismo è meno importante della nostra macchina?

COME SI RICONOSCE LA BUONA PASTA?

Intanto è consigliabile preferire sempre la pasta prodotta con semola o semolato di grano duro al 100% italiano, per il semplice fatto che, soprattutto al Sud i nostri produttori godono delle condizioni meteorologiche ottimali per la maturazione naturale del grano, senza ricorrere all'uso di quei disseccanti nocivi per la salute largamente usati in altri paesi. A ciò si aggiunga che se il grano è prodotto nei pressi dei luoghi di trasformazione non si possono formarsi le tipiche micotossine causate dai lunghi trasporti navali.

Poi basta leggere sulle etichette il dato delle proteine. In generale più è basso il livello delle proteine, più la pasta é digeribile, in quanto nella pasta proteine vuol dire glutine. La pasta con un livello di proteine basso, nei limiti di legge, oltre ad essere più digeribile è meno soggetta a causare la cosiddetta "gluten sensitivity". L'alto contenuto di proteine infatti viene spacciato come indice di qualità solo dalle industrie. Infatti l'utilizzo di semole ricche di proteine (spesso arricchite artificiosamente) permette di ridurre i tempi di produzione, grazie ad essiccazioni più brevi spinte ad alte temperature. A tal proposito può essere utile sapere che questo tipo di essiccazione "rapida" può anche causare la formazione di una tossina detta "furosina", dannosa per i reni e le arterie; inoltre nell'essiccazione ad alte temperature é possibile l'uso di semole scadenti.

Se la pasta, soprattutto i grossi formati, si dovesse spezzare un poco, é indice che non contiene tanto glutine; un altro indicatore qualitativo della pasta è l'acqua che durante la cottura deve diventare un po' torbida. Bisogna diffidare dalla pasta che non si spezza e non lascia intorbidire leggermente l'acqua di cottura, poiché sarà anche meno digeribile. Allo stesso modo bisogna diffidare dalla pasta che non scuoce, in quanto é certamente ricca di glutine ed avrà subito un'essiccazione rapida ad altissima temperatura che ha "gelatinizzato" l'amido contenuto nella semola.

E poi c'é il gusto. Qui é quasi impossibile sbagliare; solo preferendo i piccoli laboratori artigianali locali possiamo ritrovare quel tipico sapore speziato di grano, che non viene abbattuto ad altissima temperatura. Questa eccezionale proprietà aromatica si esalta ulteriormente nei prodotti a base di semolato anziché di semola, poiché nel primo è ancora più abbondante il germe del grano. 

Altrettanto dicasi per la caratteristica rugosità che solo la trafilatura al bronzo può conferire alla pasta, permettendo ai condimenti di aderire perfettamente sia all'interno che all'esterno dei vari formati.     

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Azienda agricola TERRE DELL'OLMO
S. P. 309 (vecchia Campi-Salice) 
Località "Olmo"
73012 - Campi Salentina (LE)

Tel. +39(0)832 726670
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